" Perfect "
TramaPuò la vera felicità durare più di un attimo?
È quello che si domanda Amanda, diciotto anni e una vita di insicurezze, quando decide di rifiutare con ostinazione l’amore di Noah. Noah che è il suo migliore amico, la sua anima gemella, il suo cavaliere dall’armatura scintillante. Amanda sa che Noah potrebbe renderla felice, immensamente felice, ma sa anche che tanta felicità potrebbe non durare. E perdere Noah le spezzerebbe il cuore. Ecco perché preferisce rinunciare a lui, e all’illusione di un momento, piuttosto che vivere con il rimpianto di averlo perso per sempre. Per molto tempo Amanda e Noah si rincorrono, soffocando la passione che li divora, gettandosi a capofitto in storie sbagliate e avventure di una notte. Ma quando un tragico evento sconvolge la vita di Amanda, le cose cambiano. Costretta a lottare con tutte le proprie forze per ricominciare, la ragazza capisce che al mondo non esiste dono più prezioso di ogni singolo istante in cui possiamo respirare, correre, ridere e… amare. E si rende conto di non avere più nemmeno un secondo da sprecare. Perché, a volte, un solo attimo di felicità vale più di una vita intera. |
La mia recensione
Buona serata a tutti Librai! Sono giorni che cerco di caricare questa recensione ma nè il lavoro, nè l'università, nè internet hanno voluto collaborare, ma stasera finalmente ce l'ho fatta e sono pronta per parlarvi di questo nuovo romanzo Young Adult edito De Agostini.
Nei giorni passati ho avuto la possibilità, grazie alla disponibilissima casa editrice di leggere in anteprima questo libro di Alison Bailey, autrice che non conoscevo ma di cui ho voluto volentieri scoprire di più in ambito narrativo. Sono rimasta piacevolmente stupita nel vedere come la storia raccontata dalla scrittrice mi abbia coinvolta e appassionata pagina dopo pagina. E' la storia più vecchia di sempre, quella che tutti sognano ma che pochi riescono a vivere, è la storia di un'amicizia che col tempo si trasforma, talvolta lasciando anche qualche ferita, in un amore forte e sincero, perchè proprio nell'amicizia trova le sue fondamenta. Il romanzo, che vuole rivolgersi soprattutto ai giovani adulti alle prese con i primi innamoramenti, si rivela essere un libro un pò per tutte le età, anche per chi, ormai diventato grande, ha voglia di guardare agli anni spensierati dell'adolescenza con un sorriso e un briciolo di nostalgia. E' proprio nella giovane età che si vivono più intensamente le emozioni, tutto viene amplificato, la rabbia diventa odio, la felicità diventa euforia, l'insicurezza si trasforma in paura e l'affetto in amore. Ed è proprio in questo modo così ardente e al contempo incontrollabile che i protagonisti di questo romanzo vivono le loro emozioni, ma soprattutto il loro rapporto. Sono personaggi reali, ben costruiti, con una loro caratterizzazione ben precisa, personaggi di cui, capitolo dopo capitolo, si segue l'evoluzione, non solo per quanto riguarda la loro amicizia, ma anche per quanto concerne la loro personale crescita e trasformazione da bambini, ad adolescenti a giovani adulti. Il lettore, si trova davanti protagonisti che, nel bene o nel male, possono sentire affini oppure, al contrario, fin troppo esasperanti ( come nel caso di Tweet). Quello che è certo è che sia Tweet che Noah sono esempi emblematici non solo di emozioni, atteggiamenti e riflessioni tipici della fascia d'età che rappresentano, ma vivono anche situazioni che gli stessi adolescenti si ritrovano a vivere e in cui possono facilmente immedesimarsi. Tutto questo fino agli ultimi capitoli del libro, quando una brusca virata sembra catapultare chi legge in un libro completamente diverso: il registro cambia, il tono si modifica e un pò di spaesamento fa da padrone. Attraverso una svolta molto forte e sicuramente imprevedibile, i personaggi si ritrovano ad affrontare una situazione molto molto più grande di loro e tutto ciò che è stato nei capitoli precedenti sembra far parte di un'altra vita. Ma in fondo non capita così anche nella realtà? Non capita che piccoli o grandi avvenimenti nella nostra vita possano stravolgere completamente le nostre esistenze e tutto quello che è stato venga avvertito come distante e appartenente a qualcun'altro? A volte sì e questo conferma il realismo di questo romanzo, ma l'amaro in bocca per questo forte cambiamento di rotta nella storia, un pò rimane. Da un punto di vista stilistico, la lettura scorre molto piacevolmente, l'autrice riesce a tenere incollato il lettore alle pagine con una scrittura semplice ma d'effetto, utilizzando un linguaggio immediato e sicuramente adeguato al tipo di storia raccontata. Vi è linearità e coerenza nella narrazione, il lettore non si trova a dover fare bruschi salti temporali o a dover rileggere certi passaggi per capirne altri. Sicuramente è una lettura che provoca un'altalena di emozioni, proprio per questo sbalzo narrativo che avviene verso la fine del romanzo, si passa dalla spensieratezza di alcune situazioni all'affrontare temi delicati e per niente leggeri. La storia è narrata dal punto di vista di Tweet ma all'interno della storia non è l'unico personaggio di rilievo, anche Noah potrebbe essere considerato un buon co-protagonista e per questo motivo mi sarei aspettata di leggere alcune situazioni anche dal suo punto di vista. "Perfect" è un libro che non vi darà pace fino a quando non sarete arrivati all'ultima pagina, è una storia che saprà coinvolgervi grazie al suo ritmo incalzante, che saprà farvi tornare alla mente vecchi ricordi, che saprà farvi riflettere sull'intensità con cui viviamo momenti e sentimento, un libro che vi farà sorridere, emozionare, arrabbiare, soffrire e che riporrete nella libreria con la felicità di aver preso parte alla storia e con la malinconia di doverne salutare i personaggi. |
Scatti d'inchiostro...Il destino mi ha donato Noah Stewart, l'unica cosa perfetta che posso rivendicare come mia e che non baratterei con nessun'altro al mondo" "Sei ridicolo" gli dissi. " E tu sei bellissima" Non avevo mai provato nulla di così meraviglioso in vita mia. |
La mia valutazione
L'autore
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Alison G. Bailey è nata e cresciuta a Charleston, in South Carolina. Si è laureata in discipline dello spettacolo alla Wintrop University e durante gli studi ha scritto diverse opere teatrali che poi ha prodotto. Perfect è il suo romanzo d’esordio: entrato nella classifica dei bestseller di Amazon, è stato definito da moltissimi blog come uno dei migliori libri new adult di sempre.
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"La ragazza nella nebbia"
TramaLa notte in cui tutto cambia per sempre è una notte di ghiaccio e nebbia ad Avechot, un paese rintanato in una valle profonda fra le ombre delle Alpi. Forse è stata proprio colpa della nebbia se l'auto dell'agente speciale Vogel è finita in un fosso. Un banale incidente. Vogel è illeso, ma sotto shock. Non ricorda perché è lì e come ci è arrivato. Eppure una cosa è certa: l'agente speciale Vogel dovrebbe trovarsi da tutt'altra parte, lontano da Avechot. Infatti, sono ormai passati due mesi da quando una ragazzina del paese è scomparsa nella nebbia. Due mesi da quando Vogel si è occupato di quello che, da semplice caso di allontanamento volontario, si è trasformato prima in un caso di rapimento e, da lì, in un colossale caso mediatico. Perché è questa la specialità di Vogel. Non gli interessa nulla del dna, non sa che farsene dei rilevamenti della scientifica, però in una cosa è insuperabile: manovrare i media. Attirare le telecamere, conquistare le prime pagine. Ottenere sempre più fondi per l'indagine grazie all'attenzione e alle pressioni del "pubblico a casa". Santificare la vittima e, alla fine, scovare il mostro e sbatterlo in galera. Questo è il suo gioco, e questa è la sua "firma". Perché ci vuole uno come lui, privo di scrupoli, per far sì che un crimine riceva ciò che gli spetta: non tanto una soluzione, quanto un'audience. Sono passati due mesi da tutto questo, e l'agente speciale Vogel dovrebbe essere lontano, ormai, da quelle montagne inospitali. Ma allora, cosa ci fa ancora lì?
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La mia recensione
Buona sera a tutti Librai e bentornati sul blog! Nuova recensione in questo sabato! Mi devo davvero scusare, perché nel mese di febbraio sono stata un po’ scostante nelle letture e nelle recensioni ma è stato un mesetto abbastanza impegnativo e non sono riuscita a tenere il passo un po’ con tutto. Con Marzo però cercherò di essere molto più continuativa nel tenere aggiornato il blog, è una promessa! Oggi voglio parlarvi dell’ultimo romanzo del mio autore italiano preferito: ebbene sì, è proprio lui, Donato Carrisi e il libro in questione è “La ragazza nella nebbia” edito Longanesi.
“La ragazza nella nebbia” è sicuramente un romanzo molto diverso da quelli a cui ci ha sempre abituato questo autore. Dal “Suggeritore” al “Cacciatore del buio” la suspance è sempre stata palpabile fin dai primissimi capitoli, il lettore è portato a voltare freneticamente le pagine perché l’evolversi della storia è talmente incalzante e spiazzante da smuovere in chi segue le vicende il desiderio di saperne di più, di svelare il mistero passo passo insieme ai protagonisti, come se si cercasse una giustizia non solo per la vittima del romanzo ma un po’ per tutte le vittime nella vita reale. Anche in questa occasione Carrisi racconta del male che si cela nella quotidianità, che si cela nella natura degli uomini, ma “ La ragazza nella nebbia” è un po’ una voce fuori dal coro rispetto ai romanzi che lo hanno proceduto: il colpo di scena finale c’è, è la firma di Donato Carrisi e come tale non poteva mancare, ma il ritmo del romanzo è pacato, poco stuzzicante, gli eventi si sviluppano in sordina, senza colpi di scena eclatanti. Nonostante questo, lo stile dell'autore rimane, la lettura è scorrevole, l'utilizzo sublime delle parole resta un suo marchio di fabbrica. Ormai conoscete la mia adorazione per questo talentuoso scrittore e quanto io abbia amato storie e personaggi che dalla sua penna hanno preso vita: personaggi forti, risoluti, sagaci, personaggi come Mila Vasquez, investigatrice specializzata nella ricerca di persone scomparse, oppure Marcus, l’ultimo dei penitenzieri che passando dalle anomalie riesce ad arrivare al male e a riconoscerlo in tutte le sue forme. Proprio per questo confronto con queste figure così positive, devo ammettere che mi ha un po’ deluso vedere come il destino della giovane Anna Lou fosse nelle mani di un agente speciale così arrendevole e manipolatore come Vogel: proprio lui che dovrebbe lavorare con e per la verità, si fa primo portatore di ingiustizia, più attento alla sua immagine da preservare davanti ai media che a spendere energie nella ricerca della ragazza scomparsa. Le sue indagini non si basano sulla rilevazioni della scientifica, a lui non interessa trovare il DNA di Anna Lou: la sua abilità è quella di creare il caso mediatico, trasformare l’indagine in un vero e proprio business. Fin dalle prime pagine infatti Vogel non si preoccupa di trovare la ragazza per riportarla alla sua famiglia e alla sua vita, perché per lui è già scontato che ci si troverebbe davanti ad un cadavere. Ciò che è importante per lui è dare un nome ai giornalisti, quello dell’assassino, ed è ciò che fa, senza guardare in faccia nessuno, anche a costo di incolpare un innocente. Vogel cerca indizi, non prove e lascia che questi indizi vengano subdolamente elaborati dai media, conscio che saranno proprio loro, i giornalisti, a costruire l’indagine, a farsi giudici e giustizieri. Ci troviamo di fronte a un vero ribaltamento del luogo comune che vede gli investigatori opporsi ostinatamente all’esposizione mediatica dei fatti di cronaca. Apparentemente Vogel potrebbe sembrare un personaggio complesso ma in realtà credo sia una personalità molto semplice nel suo essere opportunista, nel saper girare le situazioni a proprio vantaggio. Sicuramente, e qui veniamo a quella che ritengo la parte più interessante di questo romanzo, la figura di Vogel è piuttosto funzionale nel fornirci il panorama tristemente realistico di quello che accade quando nella vita reale accade un fatto di cronaca: è il male a fare notizia, è il cattivo che crea la storia, il pubblico si dimentica presto del nome e del volto della vittima, la abbandona presto al suo destino perché, per fortuna, non è toccato a qualcuno che si conosceva, ma il nome del criminale o i suoi lineamenti, quelli si ricordano sempre. Cambia la storia, cambiano i personaggi ma Carrisi lo ribadisce sempre con forza questo messaggio: la gente ha bisogno di sapere il nome o conoscere il volto del male, per poterlo riconoscere per strada, per poterlo prevenire e prevedere nella propria vita. Ed è proprio in questo frangente che si inseriscono i media ed è su questo desiderio della gente che loro fanno presa: il “mostro” finisce nelle prima pagine dei giornali, la vittima dopo un po’ viene dimenticata . Fino al prossimo fatto di cronaca quando tutto questo circo mediatico ricomincerà. |
Scatti d'inchiostro...“Alla domanda di un recente sondaggio su quale deve essere lo scopo di un’indagine di polizia, la maggioranza degli interpellati ha risposto ‘la cattura del colpevole’. Solo una percentuale molto bassa ha affermato che lo scopo di un’indagine di polizia dovrebbe essere ‘accertare la verità’.” Vogel si sporse dalla poltroncina su cui era seduto. “Ha capito bene cosa ho detto? Nessuno vuole la verità.” «La giustizia non fa ascolti. La nebbia fa sparire le persone: sappiamo che sono lì, ma non possiamo vederle. |
La mia valutazione
L'autore
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Donato Carrisi è nato nel 1973 a Martina Franca e vive a Roma. Dopo aver studiato giurisprudenza, si è specializzato in criminologia e scienza del comportamento per poi diventare sceneggiatore di serie televisive e per il cinema.
È una firma del Corriere della Sera ed è l’autore dei romanzi bestseller internazionali Il suggeritore, Il tribunale delle anime, La donna dei fiori di carta, L’ipotesi del male,Il cacciatore del buio e La ragazza nella nebbia tutti pubblicati da Longanesi. Ha scritto e condotto su Rai 3, il sabato in prima serata, la trasmissione Il sesto senso. |
"La notte che ho dipinto il cielo"
TramaPer Lucille, diciassette anni e una passione per l’arte, l’amore ha il volto della sorellina Wrenny. Wrenny che non si lamenta mai di niente, Wrenny che sogna un soffitto del colore del cielo. E poi ha il volto di Eden. Eden che è la migliore amica del mondo, Eden che sa la verità. Quella verità che Lucille non vuole confessare nemmeno a se stessa: sua madre se n’è andata di casa e non tornerà. Ora lei e Wrennie sono sole, sole con una montagna di bollette da pagare e una fila di impiccioni da tenere alla larga. Prima che qualcuno chiami i servizi sociali e le allontani l’una dall’altra. Ma è proprio quando la vita di Lucille sta cadendo in pezzi che l’amore assume un nuovo volto: quello di Digby. Digby che è il fratello di Eden, Digby che è fidanzato con un’altra e non potrà mai ricambiare i suoi sentimenti. O forse sì? L’unica cosa di cui Lucille è sicura è che non potrebbe esserci un momento peggiore per innamorarsi…
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La mia recensione
Buon lunedì a tutti Librai e buon inizio settimana!!!! In occasione dell’uscita di questo libro che avverrà domani in tutte le librerie comprese quelle online, vorrei parlarvi di “La notte che ho dipinto di cielo” di Estelle Laure. Il romanzo è in corso di traduzione in 14 paesi ed è stato il titolo young adult della BEA 2015 (Book Expo of America, la più importante fiera libraria al mondo).
Ringrazio infinitamente la casa editrice Deagostini per avermi dato l’opportunità di leggerlo in anteprima. “La notte che ho dipinto il cielo” è la storia dei tanti colori dell’amore e proprio come un pittore ha a disposizione numerose tonalità per poter reinventare la realtà, così le tante sfumature che questo sentimento può assumere, caratterizzano in modo significativo la vita di Lucille. Se volessimo aprire la tavolozza dei colori a disposizione nella vita della protagonista, troveremmo: il verde, il simbolo della speranza, il verde degli occhi di Eden, l’amica, la confidente, la sorella non di sangue ma di spirito, il porto sicuro da cui tornare ogni volta, soprattutto quando sembra che la speranza sia l’unica cosa che rimane a cui aggrapparsi; il rosso, il simbolo della passione, il rosso dei capelli di Digby, il ragazzo che incarna l’amore così ardentemente desiderato, così confusamente vissuto ma anche così dolcemente sognato in tutti i suoi aspetti; il bianco, il simbolo della purezza, come la candida fanciullezza di Wrenny, la sorellina più piccola da accudire e proteggere, da amare quando nessun altro sembra essersi ricordato di farlo, la compagna di una vita che non si è scelto di vivere ma che le renderà una cosa sola, nel bene e nel male; l’arancione, simbolo dell’altruismo e dell’ottimismo, un colore che ben si associa a Shane, a Fred, a Rachel, agli angeli custodi di Lucille, a Jhon e a Janie che con il loro supporto fisico e morale infondono positività nella vita di Lucille, quella spensieratezza che qualcuno troppo presto le ha privato; il nero, simbolo del buio e dell’oscurità, simbolo del vuoto e dell’assenza, proprio come quella dei genitori di Lucille, troppo occupati a pensare a se stessi e ai loro drammi, troppo fragili per poter badare a se stessi, troppo succubi delle loro debolezze per poter essere la forza delle loro figlie; infine l’azzurro, il simbolo della libertà, quella che all’inizio sembra essere più che altro una gabbia per Lucille, troppe responsabilità per un’adolescente costretta a crescere troppo in fretta, ma una libertà che poi si rivela essere la vera risposta a ogni cosa, perché sarà libera di amare, libera di esprimere se stessa attraverso la pittura, libera di perdonare chi le ha voltato le spalle. La trama, apparentemente molto semplice, si dirama in tante piccoli dettagli, ognuno con una sua importanza ai fini del quadro generale: uno sfiorarsi le mani con Digby, una chiacchierata a tarda notte con Eden, un litigio tra i genitori visto dalla finestra… dettagli, frammenti, ma che cambiano tutto. Sicuramente ci viene presentato un quadro molto tragico ed estremo, in certi momenti addirittura al limite del reale, ma al contempo l’autrice lancia un importante messaggio, nonché, a mio parere chiave di lettura di tutto il romanzo: niente che abbia valore è facile da raggiungere. Molto significativo credo sia stato vedere come all’inizio la scansione dei capitoli e delle giornate di Lucille, sia determinata dal numero dei giorni dopo l’abbandono della madre, ma che verso la fine del libro sia invece caratterizzata da un altro forte evento che coinvolge questa volta l’amica Eden. A mio parere credo si sia voluto porre l’attenzione sul come durante lo svolgersi delle vicende, cambi l’immagine che la protagonista ha della sua famiglia: se prima le sue giornate giravano attorno al desiderio di redenzione da parte della madre e al loro ricongiungimento, alla fine del libro questo pensiero diventa marginale e viene sostituito da un sentimento molto più forte che è quello che la lega all’amica. La sua famiglia non è più quella che l’ha abbandonata ma quella che per lei c’è sempre stata. La storia è narrata in prima persona dalla protagonista e questo permette al lettore di vivere ciò che gli viene raccontato con forte empatia. Lo stile utilizzato dall’autrice è delicato e semplice, in linea perfetta con il tipo di storia raccontata e con l’età del pubblico giovanile a cui si vuole rivolgere il romanzo: temi così potenti emotivamente come quello dell’abbandono minorile, non possono essere affrontati senza essere accompagnati da un messaggio di positività e speranza, cosa che l’autrice non dimentica, in quanto Lucille viene sì lasciata sola dai genitori ma riscopre la vicinanza di tante persone anche di quelle più impensabili. “La notte che ho dipinto il cielo” è soprattutto la storia dell’ amore, quello che per ognuno di noi ha il volto di chi può deluderci ma anche quello di chi può salvarci. Lucille dipinge il cielo nella stanza della sorellina Wren e con questo gesto da inizio a una nuova vita per loro due; Estelle Laure consegna a noi, attraverso la sua storia, una tavolozza di colori e ci lascia liberi di scegliere quelli che più fanno parte della nostra vita, invitandoci ad usarli tutti, per ridipingere ogni giorno la nostra vita e riempirla di luce anche dove il buio sembra prevalere. |
Scatti d'inchiostro...Quando ho finito mi ritrovo davanti a un tornado di colori. Sono sicura al cento per cento che artisticamente sia una schifezza. Una volta ho letto che i bambini che hanno subìto percosse o molestie, anche le più terribili, quando vengono allontanati dalla loro famiglia non vogliono fare altro che tornarci. Vogliono il conforto dei loro cari. Vogliono perdonare. Lo vogliono con tutto il cuore. Non hanno abbastanza difese per capire che sono loro, le vittime. In un certo senso sembra una cosa sbagliata, contorta, ma c’è anche qualcosa di assolutamente puro e innocente. Qualcosa che si perde totalmente per strada, quando si diventa grandi. Com’è possibile che una minuscola e anonima stella diventi il tuo Sole? |
La mia valutazione
L'autore
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Estelle Laure è laureata in discipline dello spettacolo e si è specializzata in scrittura creativa per bambini e ragazzi al Vermont College of Fine Arts. Grande appassionata di Kurt Vonnegut, crede nell’amore, nella magia e nella capacità di affrontare le verità scomode. Vive a Taos, nel New Mexico, con i suoi due figli. La notte che ho dipinto il cielo è il suo sorprendente romanzo d’esordio.
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"Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop"
TramaVero e proprio caso editoriale, presenza stabile nelle classifiche dei best seller americani per oltre nove mesi, Pomodori verdi fritti al caffé di Whistle Stop è un piccolo capolavoro che molti lettori hanno scoperto e amato anche grazie all'omonimo fortunato film degli anni Novanta. Coniugando uno humour irresistibile alla rievocazione struggente di un mondo che non c'è più, Fannie Flagg racconta la storia del caffé aperto in un'isolata località dell'Alabama dalla singolare coppia formata da Ruth, dolce e riservata, e Idgie, temeraria e intraprendente. Un locale, il loro, che è punto di incontro per i tipi umani più diversi e improbabili: stravaganti sognatori, poetici banditi, vittime della Grande Depressione. La movimentata vicenda che coinvolge Ruth e Idgie, implicate loro malgrado in un omicidio, e la tenacia che dimostrano nello sconfiggere le avversità, donano a chiunque segua le loro avventure la fiducia e forza necessarie per affrontare le difficoltà dell'esistenza.
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La mia recensione
Buon sabato a tutti amici lettori e ben ritrovati per una nuova recensione! Il libro di cui vi parlerò oggi è stato scelto come lettura del mese di Gennaio per “Il salotto dell’Apprendista Libraia” e si tratta di “Pomodori verdi fritti al caffè di Whistle Stop” di Fannie Flagg nella versione della BUR.
Il libro, scritto dall’autrice nel 1987, uscì in Inghilterra nel medesimo anno grazie alla casa editrice Random House e in Italia nel 1992 grazie alla casa editrice Sonzogno Editore. Successivamente, nel 2010 più precisamente, uscì la versione della BUR. Il libro è stato anche oggetto di una fortunata trasposizione cinematografia nel 1991 diretto da Jhon Avnet e candidato per due premi Oscar. Prima di tutto vorrei porre una particolare attenzione sulla cover di questo libro nell’edizione della BUR che trovo davvero stupenda, con un tocco vintage e retrò che, in linea perfetta con lo stile di scrittura utilizzato dall’autrice, ci riporta un po’ indietro in un tempo non tanto distante da noi ma forse un po’ dimenticato. Il libro infatti “spazia” in un lasso temporale che va dai primi anni del ‘900 al 1986, in un ritmico richiamo tra passato e presente, tra i ricordi di ciò che è stato e la nostalgia di ciò che non potrà più essere. La narrazione infatti non è lineare: il lettore si ritrova ad ascoltare i racconti della dolce signora Threadgoode nella casa di riposo di Rose Terrace nel 1986 e l’attimo dopo si ritrova seduto al bancone del Cafè di Whistle Stop a mangiare pomodori verdi fritti di Sypsey e a ridere delle battute del Club dei cetrioli sottaceto nel 1930. Si potrebbe pensare che questi incredibili salti da una parte all’altra scombussolino un po’ la lettura, cosa che invece non accade grazie all’armoniosa e semplice scrittura dell’autrice che riesce a non far perdere al lettore il filo del discorso. Un ulteriore aiuto viene dato anche dalla brevità dei capitoli, che non stancano e invogliano a continuare la lettura dei capitoli successivi. La trama ci offre davvero uno spaccato di vita degli anni 30-40, del periodo tra la Grande Depressione e le Guerre Mondiali, dove la diffidenza verso le persone di colore è ancora molto forte, dove i pregiudizi razziali sono all’ordine del giorno e pervadono l’intera società. Quello che invece mi ha piacevolmente stupito è stata la profonda libertà con cui l’amore tra Idgie e Ruth viene vissuto ma anche accettato dalla famiglia e dagli amici. Sicuramente la Flagg ha anticipato di diversi anni un argomento di grande attualità. Sarebbe sbagliato dire che tematiche così grandi e importanti vengono trattate con leggerezza: ciò che a mio avviso succede, è che attraverso l’umorismo di certe situazioni o certe frasi buttate lì apparentemente senza darci troppo peso, si faccia una lettura molto fine della natura umana, nella sua poliedricità, nella sua voglia di riscatto, nella sua differente chiave di lettura della vita. Così di getto mi viene da pensare a Evelyn e alla signora Threadgoode: l’una pervasa da una profonda crisi esistenziale e incline alla depressione e l’altra che vive e racconta la vita con gioia e all’insegna del “glad game”, il trovare il lato positivo in ogni situazione. Sebbene ci siano dei personaggi indiscutibilmente più di rilievo come Idgie e Ruth o Ninny e Evelyn, un altro pregio della scrittrice credo sia stato quello di saper rendere una dignità e una forte caratterizzazione ad ogni personaggio, anche a quelli minori. Soggetti come Smoky, Artis Peavy, Bill Ferrovia non vengono inseritI a caso nel racconto ma gli viene data una propria storia da raccontare e che si interseca alla storia di tutti gli altri. Uno dei miei personaggi minori preferiti è senza dubbio Dot Weems: i suoi inserti nel giornale locale credo siano davvero troppo divertenti e ritengo sia stato un colpo di genio della scrittrice inserirli perché rendono ancora di più l’idea del paesino pittoresco e caratteristico dell’Alabama dove tutti si conoscono e dove sono tutti una grande famiglia. Ascoltare i racconti della signora Threadgoode, che parla in continuazione e passando di palo in frasca poi, mi ha davvero richiamato il modo di raccontare delle persone anziane che vogliono dirti mille cose e te le vogliono dire tutte insieme per paura che tu te ne vada e non voglia più ascoltarli. Che altro posso dire, un libro stupendo, brioso, divertente e che mette il buon umore!! Fannie Flagg è stata davvero una stupenda rivelazione e devo confessarvi che non ho resistito e ho già acquistato altri due dei suoi libri….. ma ve ne parlerò meglio nella Book Haul di Gennaio che caricherò nei prossimi giorni! Un abbraccio a tutti lettori!!! |
Scatti d'inchiostro...“Ora che ci penso, Idge e Ruth comprarono il Caffè nel 1929, nel momento peggiore della Depressione, ma non credo che abbiano mai fatto uso di margarina. O perlomeno io non me ne ricordo. E’ strano, il mondo pativa la fame, ma al Caffè gli anni della Depressione furono forse i più felici, anche se eravamo tutti provati. Si, eravamo felici e non lo sapevamo.” "Sapeva che il pomodoro è un frutto?” |
La mia valutazione
L'autore
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Fannie Flagg è nata a Birmingham, Alabama, nel 1944. Scrittrice e attrice, ha cominciato a 19 anni a ideare e scrivere programmi televisivi. Tra i suoi libri ricordiamo Mr. Zuppa Campbell, il pettirosso e la bambina, Torta al caramello in Paradiso e Miss Alabama e la casa dei sogni.
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"La bambina numero otto"
TramaNew York, Anni Cinquanta.Per Rachel, infermiera dalla vita regolare e solitaria, il passato è un buco nero dal quale è riuscita a fuggire per miracolo. Quando però incontra Mildred Solomon, anziana paziente senza più speranze di guarigione, d’un tratto qualcosa nel suo subconscio si slaccia, i ricordi rimossi tornano a galla, prendono il sopravvento. Perché Rachel e la Dottoressa Solomon, come la donna vuole essere chiamata, si sono già conosciute tanto tempo fa, quando Rachel non era ancora Rachel, ma solo la bambina numero otto, un’orfana di pochi anni affidata a un istituto nel Lower East Side di Manhattan. Ma chi è veramente la Dottoressa Solomon? La madre surrogata che si prendeva cura degli sfortunati orfani - unico raggio di luce nella tormentata esistenza della piccola Rachel - o una donna fredda e cinica, votata alle proprie ambizioni e pronta a tutto nel nome della scienza? Solo chiamando a raccolta i fantasmi della memoria Rachel potrà trovare le risposte di cui ha bisogno, e diventare finalmente padrona del proprio destino. Kim van Alkemade prende spunto da fatti realmente accaduti per mettere in scena un dramma incalzante sui temi dell’abbandono, del tradimento e del riscatto. Creando, nella figura di Rachel, un’indimenticabile eroina in bilico tra luce e ombra, tra vendetta e perdono.
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La mia recensione
Buona domenica lettori! Quale lettura vi sta accompagnando in questo pomeriggio? Io ho iniziato "Pomodori verdi fritti" di Fannie Flagg, libro che abbiamo scelto come lettura di gennaio per il Club dell'Apprendista libraia. Oggi però sono qui per parlarvi del romanzo d'esordio di Kim van Alkemade e gentilmente fornitomi dalla casa editrice Bookme (Deagostini).
Affrontare questa lettura non è stato semplice, più per i temi trattati che per lo stile di scrittura. Fin dall'inizio, la protagonista si ritrova a dover affrontare, nonostante la sua giovane età, situazioni di una gravità ben superiore a quelle che una bambina può sostenere. La sua storia mette in luce ciò di cui siamo a conoscenza ma di cui poco si vuol parlare, la sua sofferenza ci ricorda come i privilegi sanitari e le cure di cui noi oggi possiamo usufruire, siano in realtà dovute a un momento buio della nostra storia che vedeva la sperimentazione su bambini sani un piccolo prezzo da poter sacrificare a favore del bene comune. Molto spazio viene dato all'infanzia di di Rachel, alla sua permanenza nel brefotrofio, agli esperimenti scientifici a cui fu sottoposta, alle sue difficoltà di adattamento e di relazione con le compagne, ma anche alle sue insicurezze nei confronti del proprio aspetto fisico, alla sua continua ricerca di approvazione e di attenzione da parte del fratello, unica figura famigliare rimasta nella sua vita, alle paure e alle nuove sensazioni derivanti dai suoi primi interessi amorosi. Molto interessante è stato scoprire come, crescendo, Rachel abbia intrapreso la carriera di infermiera, di come la sua professione si sia trasformata in quel riscatto per tutto ciò che aveva subito. Il tema più rilevante però, è senza dubbio quello meno lampante ed evidente: il lato buio e corruttibile del lato umano. La protagonista si troverà a rileggere parti della sua storia personale, a scoprire come le poche sicurezze a cui si aggrappava da bambina non erano in realtà ciò che lei immaginava e a dover scegliere che persona essere, se far emergere il buio più oscuro dentro di sé o se trasformarlo in luce. Lo stile di scrittura è pulito e scorrevole. Racconto e dialogo si susseguono con un giusto equilibrio e la narrazione si divide in due parti, una passata e una presente a cui corrispondono una scrittura in terza e in prima persona. Passato e presente si alternano in un ritmico racconto, in cui la voce della protagonista, più intima e profonda, si sostituisce a quella di una narratore onnisciente che, raccontando l'infanzia di Rachel, rende partecipe il lettore del dolore e il senso di abbandono che hanno accompagnato la protagonista in tutta la sua vita. Durante tutto il romanzo, solo la protagonista risulta fortemente caratterizzata, mentre di tutti gli altri personaggi che ruotano attorno a Rachel conosciamo sommariamente i pensieri e le emozioni. Infatti, di fronte a questa forte figura femminile che trova la forza di rialzarsi sempre nonostante le sue esperienze negative ma sempre in bilico tra luce e buio, tra verità e menzogna, tra ciò che ha paura di essere e ciò che la società vorrebbe che lei fosse, tutti gli altri soggetti nel racconto diventano ombre. La diversità, l'unicità diventano punti di forza, dando all'umanità una grande testimonianza, tanto negli anni '50 quanto oggi. Bellissima l'immagine finale dell'alba come nuovo inizio, come simbolo di speranza. Un bellissimo romanzo d'esordio per Kim van Alkemade, che sprona il lettore a domandarsi sempre se il coraggio risieda di più nel perdono o nella vendetta, se il nostro passato determina necessariamente ciò che siamo o se abbiamo la facoltà di cambiare e di essere padroni di quel che vogliamo diventare. Una lettura davvero piacevole, tra rimandi all' olocausto nazista e le sperimentazioni scientifiche in nome del progresso, una lettura consigliata soprattutto per chi crede nella potenza dell'animo umano, che nonostante tutto quello che può subire, trova la forza di rialzarsi più luminoso di prima. |
Scatti d'inchiostro...“A volte bastava un unico evento isolato per spezzare, interrompere o deviare il corso di una vita, come un colpo da biliardo che ridisegna posizioni e traiettorie delle palle sul tavolo.” “«Ho tanta fame. Ho fatto qualcosa di brutto? Per questo non mi danno niente da mangiare?». «Non sei stata cattiva, anzi, stai facendo una cosa molto importante per la scienza». La bambina la guardò senza capire. «Una cosa importante per me»” <<Da una parte avrei voluto privarla del tutto della morfina, per toglierle anche quelle poche ore di sollievo, dall'altra mi sarebbe piaciuto aumentare a dose fino a ucciderla. I sentimenti che provavo mi terrorizzavano. Chi ero? Cosa stavo diventando?>> |
La mia valutazione
L'autore
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Kim van Alkemade è nata a New York. È professoressa di scrittura presso l’Università della Pennsylvania. La bambina numero otto è il suo primo romanzo.
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"Te lo dico sottovoce"
TramaMia ha trent’anni, un passato che preferisce non ricordare e una famiglia da cui cerca di tenersi alla larga. Meglio stare lontano dalle frecciatine della sorella e da una madre invadente che le organizza appuntamenti al buio… Di notte sogna il principe azzurro, ma la mattina si sveglia accanto a Bubu, un meticcio con le orecchie cadenti e il pelo morbido. La sua passione sono gli animali e infatti, oltre a gestire una delle cliniche veterinarie più conosciute di Torino, Mia sta per realizzare un progetto a cui tiene moltissimo: restituire il sorriso ai bambini in ospedale attraverso la pet therapy. Il grande amore romantico, però, non sembra proprio voler arrivare nella sua vita. O almeno, così pensa Mia, prima di conoscere Alberto, un medico affascinante, e Diego, un ragazzo sfuggente che si è appena trasferito a Torino dalla Puglia. Cupido sta finalmente per scagliare la sua freccia: riuscirà a colpire la persona giusta per il cuore di Mia?
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La mia recensione
Buona domenica a tutti Apprendisti librai! Prima recensione del 2016 e sono lieta che si tratti proprio di un libro la cui lettura è stata per me davvero molto piacevole. Sto parlando di " Te lo dico sottovoce", romanzo d'esordio di Lucrezia Scali, edito Newton Compton Editore in uscita in tutte le librerie domani, 4 gennaio 2016.
Se seguite il blog, ormai sapete che durante le recensioni mi piace analizzare un pò tutti gli aspetti di un libro: trama, caratterizzazione dei personaggi, stile di scrittura e forma ed emozioni che ha saputo trasmettermi. Il primo elemento degno di nota sono lo stile e la forma del libro: nonostante "Te lo dico sottovoce" sia il suo primo romanzo, l'autrice si presenta nel panorama letterario come una scrittrice matura e attenta. Le parole vengono utilizzate con consapevolezza, dosando con equilibrio dialoghi e narrazione. La lettura prosegue, dall'inizio alla fine, in modo scorrevole, il ritmo della storia è incalzante e il lessico semplice ma adeguato nell'esprimere ogni pensiero o emozione. Le vicende sono narrate in prima persona dalla protagonista Mia. Sono sempre favorevole alle narrazioni che prediligono il punto di vista dei personaggi piuttosto che quello di un narratore onnisciente: in questo modo, infatti, il lettore entra in sintonia con la protagonista, ne comprende le sensazioni, le preoccupazioni, le emozioni, vive con lei, sogna con lei, soffre con lei. Parlando ora della trama, la prima parola che mi viene in mente per descriverla è "delicata": delicata nel modo in cui viene proposta al lettore, nel modo in cui si sviluppa, senza troppi salti temporali, e nei temi trattati. Le vicende che ci propone l'autrice, infatti, toccano elementi che sono parte della quotidianità di ciascuno di noi, il lavoro, l'amicizia, la famiglia, il dolore e la morte, ma sicuramente il collante di tutto è l'amore: l'amore all'interno di una relazione, l'amore talvolta conflittuale con la propria famiglia, l'amore disinteressato dell'amicizia, l'amore e la passione verso il proprio lavoro, l'amore infinito che lega una madre al proprio bambino, l'amore che rimane anche verso chi non è più tra noi, l'amore incondizionato e disinteressato degli animali nei confronti dell'uomo. Ognuno di essi, viene sviscerato durante tutta la storia con cura, facendo molta attenzione a darne uno sviluppo coerente e coeso con le altre parti. Anche temi molto delicati come la morte o la malattia, vengono presentati con eleganza e positività, con un pizzico di speranza che non guasta mai. Elemento vincente credo sia la presenza degli animali e la loro influenza positiva, testimoni viventi di come il rispetto debba permeare la vita di tutti. Infine vorrei parlare dei personaggi. Tutti i soggetti presenti nella storia hanno una loro peculiare caratterizzazione, più o meno positiva, ma che si rivela funzionale nello svolgersi delle vicende. In particolare, direi che è impossibile non amare Mia: la protagonista è infatti una donna determinata, passionale, sognatrice, ma anche fragile, come tutti bisognosa di rassicurazioni, di sentire l'appoggio e la stima delle persone che ama. Ciò che la rende un personaggio tanto positivo è senza dubbio la forza con cui sa rialzarsi dopo una delusione, dopo un dolore molto grande, ma anche la risolutezza con cui porta avanti i suoi sogni e le sue passioni. Un altro personaggio molto positivo e ben caratterizzato è Diego. Nelle sua misteriosità, ironia e nel suo fare un pò sbruffone, riesce a conquistare la simpatia del lettore. Il rapporto tra Mia e Diego l'ho trovato davvero molto genuino e naturale, come secondo me dovrebbe essere una relazione: piena di ironia, passione e intesa. "Te lo dico sottovoce" è quindi un romanzo ben strutturato e davvero molto piacevole. La nota di positività che pervade tutto il romanzo si respira in ogni frase: Mia riuscirà con le sue azioni e le sue parole a trasmettere conforto e speranza a chi ha vissuto difficoltà come le sue. Inoltre, ho apprezzato davvero tantissimo l'ambientazione a Torino: è bello vedere valorizzate le nostre città italiane all'interno di un romanzo. Un giudizio sicuramente positivo per questa nuova e promettente scrittrice, di cui sentiremo parlare ancora!!! |
Scatti d'inchiostro...
<< Posso dirti una cosa?>> Sentivo il suo respiro caldo sulla pelle. << Tutto quello che vuoi>> risposi con voce tremante. << L'importante è non avere rimpianti perchè non è giusto stare con qualcuno che non ti rende felice. Ognuno merita la parte migliore di noi>>. L'avrei ascoltata a ogni ora del giorno e della notte, le avrei raccontata una favola prima di addormentarsi, di quelle che insegnano che il male si può sconfiggere. E che la morte è solo un brutto sogno. |
La mia valutazione
L'autore
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È nata a Moncalieri nel 1986 e qualche anno più tardi si è trasferita a Torino. Il suo amore per gli animali l’ha guidata fino alla facoltà di Medicina Veterinaria di Grugliasco, dove studia ancora. Dal 2012 gestisce un blog, Il libro che pulsa. Te lo dico sottovoce, suo romanzo d’esordio inizialmente autopubblicato, è stato nella classifica dei libri digitali per oltre tre mesi, finché non è stato scoperto dalla Newton Compton.
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"Un' indimenticabile disastro"
TramaLa cosa più importante per Thomas Maddox è proteggere i suoi fratelli. Travis, con le sue bravate e la sua aria da duro, è quello che gli dà più filo da torcere. Anche ora che nella sua vita è arrivata Abby, l'unica che riesce a tenergli testa e a far breccia nel suo cuore di guerriero. Il cuore di Thomas, invece, non ha più spazio per i sentimenti. Sembra che per lui, cinico e sfuggente, non valga il detto "quando un Maddox si innamora è per sempre". Ma per la sua famiglia è pronto a fare di tutto. Dopo l'ennesimo errore, Travis si trova in una situazione più grande di lui. Thomas sa che per toglierlo dai guai c'è una sola persona che può aiutarlo: Liis. Liis che vorrebbe avere tutto sotto controllo, ma in amore non ci sono regole. L'imprevisto è la vera magia. Dal loro primo incontro la ragazza ha capito che non si può sfuggire a quegli occhi. Eppure, costretta a lavorare al fianco di Thomas ogni giorno, per salvare Travis e permettergli di vivere la sua splendida storia con Abby, Liis è messa a dura prova. Perché vederlo lottare per suo fratello le mostra un lato di Thomas che non credeva esistesse. Perché la felicità che prova quando è insieme a lui fa paura. Liis sente che tutti suoi tentativi di resistere all'amore stanno per vacillare. Ma il prezzo da pagare forse è troppo alto e la possibilità di soffrire ancora molto, molto vicina.
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Buon lunedì a tutti Apprendisti librai! Spero abbiate iniziato questa settimana nel migliore dei modi! La recensione di oggi ci porta tra le pagine del nuovo libro di Jamie Mcguire, “Un indimenticabile disastro” edito Garzanti
Ricordiamo tutti i fratelli Maddox e le loro tormentate love story: le avventure amorose di Travis Maddox e Abby Abernathy hanno aperto la trilogia dei “Disastri” di cui fanno parte “Uno splendido disastro”, “Il mio disastro sei tu” e “Un disastro è per sempre”. Successivamente l’autrice ha dedicato due libri ad altri due dei fratelli Maddox: “Uno splendido sbaglio”, in cui si approfondisce la figura di Trenton e “Un indimenticabile disastro”, in cui la storia si costruisce attorno alle figure di Thomas, il più grande fra i fratelli, e Liis Lindy. Come l’autrice stessa dichiara in un’intervista su “La Lettura”, molte delle scene descritte nei suoi libri appartengono alla sua esperienza, a ciò che ha vissuto personalmente. Dietro alla storia d’amore tra Abby e Travis, i personaggi con cui ha esordito e che hanno fatto di “Uno splendido disastro” un bestseller, si nascondono la ragazza che l’autrice avrebbe voluto essere e il cattivo che amava non ricambiata. Scrivendo, Jamie Mcguire ha creato un personaggio che potesse essere il suo alter ego fortunato, l’arter ego di tutte le ragazze che non si sentono amate. Questa linea tematica, è possibile riscontrarla anche in “Un indimenticabile disastro”, dove i due protagonisti Thomas e Liis si ritrovano a vivere un amore che non credevano di meritare. Non è un amore tutto rose e fiori e forse è proprio questo aspetto che lo rende particolarmente reale. Non tutte le relazioni sono idilliache fin dall’inizio, alcune devono lottare contro i fantasmi del passato e fare i conti con le insicurezze e le paure che ci si porta dietro. Questo aspetto della storia d’amore tra i due personaggi l’ho apprezzata molto: non necessariamente i rapporti che cominciano in salita sono destinati al fallimento, anzi, a volte sono proprio questi gli amori più intensi. Sicuramente ci viene presentato qualcosa di più di un New Adult, i personaggi sono più grandi e vivono una relazione ad un livello più maturo, diverso rispetto a quello che abbiamo potuto incontrare nei libri precedenti. Un altro merito dell’autrice credo sia stato quello di presentarci una storia d’amore affiancata ad un’indagine poliziesca, la quale ha fatto da sfondo alle dinamiche relazionali tra i due protagonisti, offrendoci così un contesto non banale. La storia viene raccontata dal punto di vista di Liis, cosa che ci permette non solo di vedere gli avvenimenti dal suo punto di vista e di provare a comprendere le sue difficoltà nei rapporti, ma anche si scoprire qualcosa di più di lei. Non ci troviamo di fronte ad una protagonista femminile ingenua ed indifesa ma bensì di fronte ad una donna che non ha bisogna di essere salvata, un personaggio intelligente, determinato, professionale, che nello svilupparsi della storia evolve, lavora su se stessa. Il protagonista maschile, Thomas, presentato inizialmente come indisponente, burbero e arrogante, si rivela essere fragile, premuroso e “paterno” nei confronti dei fratelli. Un sorta di inversione dei ruoli, dove la donna è quella forte e l’uomo quello più emotivo. I personaggi secondari, amici e colleghi dei protagonisti, sono genuini, proprio come Thomas e Liis e per questo risultano subito simpatici al lettore. La stile dell’autrice è semplice e scorrevole, nonostante in certi momenti abbia fatto fatica a comprendere quale dei personaggi stesse parlando. La presenza di Trevis, Abby, Trenton e Camille nella storia permette di mantenere un filo logico e coerente nella struttura narrativa con i libri precedenti ma allo stesso tempo non vincola eccessivamente il lettore che, pur non avendo letto la trilogia dei “Disastri”, si appresta a leggere “Un indimenticabile disastro”. Nel complesso, pur non essendo un’amante di questo genere, l’autrice ci presenta un buon libro, consigliato sia ad un pubblico giovane ma anche più adulto, a chi è alla ricerca di una lettura piacevole e rilassante, a chi ama le storie d’amore travagliate ma intense, a chi ha bisogno di sognare, a chi crede nelle seconde possibilità, a chi lotta per le cose che vuole…. |
Scatti d'inchiostro...Non siamo persone ferite Liis. Siamo due cicatrici identiche. Non l’hai ancora capito?” disse Thomas, toccandomi con le labbra i capelli. “E’ da qualche parte nel futuro dove i migliori momenti e i più importanti delle nostre vite sembrano succedere Vuoi che ti dica che l’ho dimenticata? L’ho dimenticata», affermò con un tono sempre più disperato. |
La mia valutazione
L'autore
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Jamie McGuire, già autrice di tre romanzi entrati nei bestseller del «New York Times», vive in Oklahoma con il marito e i figli.
Libri di McGuire Jamie pubblicati da Garzanti: Uno splendido disastro Il mio disastro sei tu Un disastro è per sempre Uno splendido sbaglio Una meravigliosa bugia Un magnifico equivoco Un'incredibile follia Un indimenticabile disastro Uno splendido disastro Il mio disastro sei tu |
"Golden girl"
TramaMonica è dappertutto a New York: l’intera città è tappezzata di cartelloni pubblicitari da cui lei ammicca sorridente, in bilico su tacchi altissimi, felice e bellissima. Tutte vorrebbero essere Monica, la ragazza d’oro che ha conquistato Manhattan: tutte tranne Pandy Wallis. Perché Pandy l’ha inventata, Monica: ha scritto i libri e i film che la vedono protagonista, ha ceduto i diritti a marchi di abbigliamento e di profumi. Ma di questa ragazza perfetta con le sue storie d’amore perfette, Pandy ora non ne può più... Anzi, ha deciso di smettere di scrivere le sue storie – anche perché la sua vita, con il recente divorzio, è ferma a un punto morto, e lei è decisa a voltare pagina.
Peccato che né l’industria editoriale, né quella cinematografica siano disposte a uccidere Monica e perdere milioni di dollari. Non solo: per riprendersi la sua vita, Pandy dovrà fare i conti con SondraBeth, l’attrice che impersona Monica... Tra equivoci, litigi, cattiveria tutta femminile e molto umorismo, Pandy e SondraBeth diventeranno le perfette nemiche-amiche. Ma proprio la loro guerra consentirà a entrambe di ritrovare un pezzetto di se stesse e, lungo la strada, anche una buona dose d’amore. |
La mia recensione
Buona domenica a tutti Apprendisti Librai! Con un po’ di ritardo sulla tabella di marcia a causa di qualche disguido con il tablet su cui leggo alcuni romanzi, ecco la recensione di “Golden Girl”, il nuovo romanzo di Candace Bushnell e che mi è stato gentilmente inviato dalla casa editrice PIEMME.
Innanzitutto devo premettere che mi sono trovata di fronte ad un genere che non rispecchia i miei gusti letterari ma, essendo fermamente convinta che si debba leggere un po’ di tutto per poter essere veramente critici nella lettura, ho deciso di accettare questa nuova sfida librosa. Quelli che a mio avviso possono essere considerati i temi centrali di questo libro, sono essenzialmente due: il rapporto tra scrittore e opera e l’amicizia tra donne. Leggendo il libro, la prima sensazione è stata quella di vederci una sottile revisione di quella che potrebbe essere stata l’esperienza personale dell’autrice. Ricordiamo sicuramente tutti Candace Bushnell, in quanto dalla sua penna è nata quella che poi sarebbe diventata una delle serie televisive più seguite, “Sex and the city” e uno dei personaggi più rappresentativi della vita newyorkese, Carrie Bradshaw. Nel leggere del rapporto amore-odio tra la scrittrice Pandy e la sua eroina letteraria Monica che l’ha portata al successo, è inevitabile arrivare a chiedersi se questo tipo di relazione con la propria opera non l’abbia avuta anche la Bushnell e, attraverso questo romanzo, abbia voluto portare il lettore a riflettere sul non semplice lavoro dello scrittore che a volte rischia di rimanere intrappolato nel personaggio che sta creando. Un altro tema richiamato spesso durante tutto il libro, è quello dell’amicizia tra donne, che, parlando da donna, è sicuramente una tipologia di rapporto complicato: non sempre infatti la complicità femminile è facile da rispettare perché gelosie e invidie tentano continuamente di mettersi in mezzo e credo che l’autrice abbia voluto però ricordarci, nel finale, ciò che di più profondo deve alla fine prevalere. Lo sfondo su cui si staglia tutto il racconto, è quello di una New York presentata nella sua veste più festaiola e all’insegna dei vizi, un lato di New York sicuramente riservato ad un’ élite e che non la rispecchia nella sua totalità. Durante la lettura, più volte mi ha deluso la frivolezza dei contenuti di alcuni pensieri e di alcuni dialoghi, tanto da esserne un po’ infastidita. Man mano che proseguivo la lettura però, mi rendevo conto di quanto questa esasperazione della superficialità, fosse in realtà voluta dall’autrice, un generale monito sul come la fama e i soldi possano facilmente spostare l’ago della bilancia e annebbiare la vista su ciò che conta veramente nella vita, anche in chi si considera ben saldo nelle sue priorità. Lo stile di scrittura dell’autrice è sicuramente scorrevole e semplice anche se forse, in certe occasioni si ha la sensazione di trovarsi di fronte più a una sceneggiatura che a un romanzo: in particolar modo, la presenza massiccia di dialoghi e la scrittura in terza persona portano il lettore a identificarsi poco con la protagonista e a osservare tutta la scena dall’esterno, come uno spettatore davanti alla televisione. Tutti i personaggi ma soprattutto la protagonista stessa sono poco caratterizzati psicologicamente e spetta al lettore dargli una precisa identità, basandosi sulle loro azioni e su riflessioni che però rimangono sempre un po’ banali. Suddiviso in tre parti, il romanzo si apre con una prima parte al tempo presente nella quale ci vengono presentati in modo sommario e accennato alcuni personaggi; nella seconda parte ci troviamo di fronte a un flashback di alcuni anni prima in cui ci viene spiegato il perché la protagonista si è ritrovata nella situazione attuale; nell’ultima parte invece vengono portate a compimento tutte le situazioni lasciate un po’ in sospeso… In generale, credo che Candace Bushnell non sia ancora riuscita ad uscire dal turbine generato da “Sex and the city” e ci abbia riproposto un libro creato sempre con lo stesso stampino del precedente. Diffido un po’ sempre di chi ripropone minestre già riscaldate, preferisco magari chi si addentra in territori inesplorati con il rischio anche di fallire piuttosto che andare sul sicuro con un format che aveva già avuto successo… |
Scatti d'inchiostro...«E anche se la vendetta può sembrare la risposta giusta a un certo punto di questo viaggio mi sono resa conto che la vendetta contro un uomo per un lieto fine mancato non era la risposta. Ma va bene così, perché non è detto che il lieto fine sia lo stesso per ogni donna. E non deve comprendere necessariamente un uomo. Sperare nell’ amore nonostante tutte le prove della sua impossibilità è un tratto della natura umana o solo della natura femminile?» Avrebbe dovuto capire cosa rischiava stando troppo vicina a Sondrabeth e che il successo di Monica le avrebbe inevitabilmente separate. Ma non aveva mai pensato che sarebbe stato un uomo, Doug Stone, a inserirsi nella loro amicizia come un cuneo.. |
La mia valutazione
L'autore
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Nata nel Connecticut, si è trasferita molto presto a New York. Dopo aver fatto la modella per qualche anno, ha iniziato a collaborare con varie testate femminili, per approdare a «Vogue» e infine al «New York Observer», dove ha raggiunto il successo con la rubrica Sex and the City, da cui sono stati tratti la celeberrima serie tv su Carrie Bradshaw e le sue amiche e due film campioni d’incasso. In Italia ha pubblicato Sex and the City, Lipstick Jungle, da cui la NBC ha tratto la serie televisiva in onda su FoxLife, New York Sexy, One Fifth Avenue e Il diario di Carrie.
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"Deathdate"
TramaDenton Little ha diciassette anni e una sola certezza: morirà la notte del ballo di fine anno. Ma - escluso il pessimo tempismo - nulla di strano. Perché il mondo di Denton funziona così: tutti conoscono la data della propria morte, e tutti aspettano il fatidico momento contando i minuti. Per questo, fino a oggi, la vita di Denton è stata piuttosto normale: la scuola, gli amici e Taryn, la fidanzata. Ma ora mancano due giorni al ballo... e Denton sente di non avere più un secondo da sprecare. Non soltanto perché vuole collezionare più esperienze possibili in meno di quarantotto ore - la prima sbronza, la prima volta, e il primo tradimento - ma anche perché le cose sembrano essersi improvvisamente complicate. Chi è l'uomo sbucato fuori dal nulla che dice di avere un messaggio da parte di sua madre, morta ormai da molti anni? È soltanto un pazzo? E allora perché suo padre ha iniziato a comportarsi in modo tanto bizzarro? D'un tratto le ultime ore di Denton Little si trasformano in una corsa contro il tempo, una disperata ricerca della verità. E forse di una via d'uscita
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La mia recensione
Buonasera a tutti cari lettori! Nuova recensione sul blog e quindi nuova avventura librosa che si è conclusa! Oggi vi parlo di “Deathdate”, libro d’esordio per Lance Rubin, con il quale dà inizio a una nuova serie di romanzi distopici.
Devo ammettere che avevo delle aspettative molto alte rispetto a questo romanzo. Appena il mio sguardo ha incrociato la copertina di questo libro ne sono rimasta affascinata: l’immagine di questo enorme orologio e le lancette che rimandano all’inesorabile trascorrere del tempo ma anche alla precarietà di ogni istante, l’ho trovata subito magnetica. Una volta poi letta la sinossi del libro, mi sono definitivamente convinta ad acquistarlo. Ebbene sì, ho ritenuto geniale l’idea che si trova alla base dell’intera struttura narrativa: “E se avessi sempre saputo il giorno della tua morte?”. Una trama davvero originale, accattivante, che porta sulla scena letteraria un argomento delicato come la morte e lo sdrammatizza e, indirettamente, pone le basi per una seria riflessione sull’uso che ognuno di noi fa del tempo. Sicuramente Lance Rubin ci offre una lettura piacevole, la storia, narrata in prima persona dal protagonista, Denton Little, è ben scritta: parola chiave di tutto il romanzo è l’ironia, che possiamo ritrovare spesso tra i dialoghi dei personaggi e nelle situazioni surreali che si vengono a creare. Il linguaggio utilizzato dall’autore, molto semplice, quotidiano e molto adatto per la fascia d’età a cui appartengono i personaggi, ma anche per la fascia d’età adolescenziale a cui si rivolge l’autore, fa si che la lettura sia veloce e scorrevole. Tuttavia, sotto alcuni aspetti, questo romanzo non mi ha soddisfatto pienamente. Innanzitutto, la caratterizzazione dei personaggi manca un po’ di profondità. Certo, durante la lettura veniamo a conoscenza dei rapporti d’amicizia, delle relazioni ma difficilmente si riesce ad andare oltre lo strato superficiale. La famosa ironia di cui si parlava prima, se da una parte si rivela essere l’elemento cruciale del libro, dall’altra parte rischia di creare un muro che limita l’accesso all’intimità dei pensieri e delle emozioni dei personaggi. Inoltre, con un’idea narrativa così intrigante, forse mi sarei aspettata che l’autore osasse di più in termini di colpi di scena e di complessità di intreccio. In certi punti infatti, lo stile si appiattisce un po’ diventando un po’ meno incalzante, cosa che invece ben caratterizzerebbe un libro con una così bella premessa. Il finale aperto, anche se in realtà un pochino scontato, lascia facilmente intendere che presto vivremo una nuova avventura di Denton Little, scaveremo forse un po’ più a fondo in questa realtà alternativa in cui ci si prende un po’ gioco della morte. L’autore ha posto delle ottime basi per poter creare una serie innovativa e particolare che possa davvero riservarci piacevoli sorprese ed evolvere insieme al suo personaggio. Il sequel di Deathdate, "Birthdate", uscirà in America il 12 Aprile 2016. |
Scatti d'inchiostro...Sistemo il nodo della cravatta viola, il portafortuna. Mi passo le dita tra i capelli castano scuro, prima per lisciarli e poi per spettinarli. Ho sempre pensato di avere il naso un pò troppo grande, ma ho imparato ad apprezzare il fatto che mi dà carattere. Ho una bella cera, e all'improvviso mi immagino il modo in cui tutti quanti mi vedranno al funerale. Denton Little. Il simpatico e dolce Denton Little. Bello ma non troppo. Se fosse diventato adulto, avrebbe fatto grandi cose... Morirò nei prossimi cento minuti. Non voglio morire. Voglio altro tempo per ridere con Paolo nel bosco. Per baciare Veronica, e sapere che lo vuole quanto me. Per stare seduto in camera mia a non fare niente. Per farmi innervosire da mio padre e dalla sua tenera incapacità di esprimersi. Per sentirmi soffocato dalla mia matrigna. Per chiarirmi meglio con Taryn. Per capire cosa pensa davvero Felix di me. Tutti gli altri hanno tanto tempo a disposizione. Non voglio più restare al ballo. Devo trovare i miei genitori e andarmene da qui, e godermi in pace la mia Morte Rossa. |
La mia valutazione
L'autore
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Lance Rubin: si è laureato alla Brown University e ha lavorato come attore e sceneggiatore di molti spettacoli di successo. Ora si dedica alla scrittura a tempo pieno. Deathdate è il suo romanzo d’esordio, primo titolo di una serie distopica
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"Miss Jerusalem"
TramaChioma rossa, incarnato candido e delicato, Miss Jerusalem, la ragazza più bella di Gerusalemme, è nata in una notte tersa, illuminata da una splendida luna, di cui ha preso il nome. Figlia di Gabriel Hermosa e di Rosa, si è sempre sentita diversa da tutte le altre: fin da ragazzina voleva vivere dentro un film e, come una diva di Hollywood, essere circondata da ammiratori, frequentare i locali dove si balla il tango e si sorseggia caffè dentro tazzine di porcellana.
Agli inizi del Novecento, durante il mandato britannico, Luna cresce allegra, viziata e vezzeggiata dalle sorelle e da tutta la famiglia, discendente di un’antica stirpe di ebrei sefarditi. Papà Gabriel ha ereditato un delicatessen e, nonostante le bizze di Luna - che di stare in bottega proprio non ne vuole sapere -, lo ha trasformato in fonte di ricchezza per sé e le tre adorate figlie. Ma l’epoca non asseconda la spensieratezza. Finita la Seconda guerra mondiale, in Palestina divampano i conflitti che condurranno alla nascita dello stato di Israele: prima la lotta contro gli inglesi, poi la guerra contro gli arabi impegnano le passioni e la vita dei giovani più ardenti. La situazione precipita velocemente, trascinando con sé la fortuna degli Hermosa e i sogni della bella Luna. Negli anni Settanta, sarà la giovane e ribelle Gabriela a raccontare vicissitudini, segreti e menzogne degli Hermosa, facendo rivivere la leggenda della madre, la fascinosa Miss Jerusalem, contesa da tutti gli uomini della città e costretta a sposare un uomo che non la ama. Sullo sfondo delle tragiche vicende del secolo scorso, una saga ricca di passione, colore e sentimento, che raccoglie quattro generazioni di donne coraggiose e instancabili, ma anche chiassose e melodrammatiche, tipicamente sefardite, il volto forse meno noto del popolo ebraico. |
La mia recensione
Buonasera a tutti Apprendisti librai! Nuova recensione in questo caldo lunedì di novembre! Finalmente riesco a parlarvi di “Miss Jerusalem” di Sarit Yishai-Levi (edito Sonzogno) che esordisce proprio con questo romanzo.
Miss Jerusalem è la storia di Luna, ma è anche la storia di Gabriela, di Merkada, di Rosa, di Rachelika, di Beki, di David e di Gabriel. E’ la storia di una maledizione che pesa da anni sulla famiglia Hermosa, è la storia di amori infelici, di rapporti forzati e scostanti, è la storia di un popolo che lotta per affermare la propria identità, la storia di come è nata e cambiata Israele. Ma andiamo a sviscerare nel dettaglio ogni livello narrativo di questo romanzo. Partiamo dalla trama. Il titolo fa un riferimento a Luna, uno dei personaggi del romanzo, una donna che per i lunghi capelli rossi, l’incarnato candido e delicato e le lunghe gambe tornite, viene considerata la più bella di Gerusalemme, Miss Jerusalem appunto. Come ho anticipato poco fa però, in questo libro prendono forma più storie, ma ciò che smuove le azioni dei personaggi, ciò che ispira il loro agire è l’amore. Un amore inteso non solo come quello tra marito e moglie o tra fidanzato e fidanzata, ma anche come quello tra genitori e figli, o tra un popolo e la sua terra. In tutti questi casi però, non ci vengono presentati degli amori idilliaci e fiabeschi ma bensì amori travagliati, amori sofferti. Una maledizione sembra quindi accompagnare la famiglia Hermosa negli anni: i suoi componenti sono destinati ad amare qualcuno ma a sposare qualcun altro, ma anche a nascere e a non essere amati dalla propria madre. Rosa, per esempio, vive addirittura un doppio amore non corrisposto: quello con suo marito Gabriel, segretamente innamorato di una donna conosciuta anni prima, ma anche quello con sua figlia, Luna, che sembra previlegiare il rapporto con il padre disprezzando e non rispettando la madre. Come questo tanti altri, ogni legame ha le sue zone di luce e d’ombra. Di un altro rapporto però ci parla l‘autrice: quello tra il popolo di Israele e la Palestina. A far da sfondo alle vicende della famiglia Hermosa infatti, troviamo un contesto storico abbastanza complesso, in cui dominano bombardamenti, povertà, dominazioni straniere, lotte clandestine per l’indipendenza e ricerca di un’identità nazionale. Durante tutto il romanzo, i personaggi vivranno sentimenti contrastanti nei confronti della loro terra e delle sue tradizioni, desidereranno trasferirsi ma finiranno sempre per tornare o per pensare alla propria casa con nostalgia. Spostandoci su un livello più prettamente tecnico, la stile di scrittura dell’autrice è molto piacevole. Sarit Yishai-Levi ci propone una storia scritta in modo semplice, forse però in certi momenti un po’ ripetitiva: lo stesso concetto viene ripetuto più volte, lo stesso pensiero ribadito in più occasioni e questo porta la narrazione a perdere un po’ di ritmo e la lettura a rallentare. Nonostante ciò, l’utilizzo di prolessi ed analessi mantiene viva l’attenzione del lettore. La storia è raccontata da due voci prevalentemente: quella di Gabriela, una componente della famiglia Hermosa nonché figlia di Miss Jerusalem, e da una narratrice onnisciente, che conosce alla perfezione avvenimenti e psicologia ed emozioni dei personaggi. Le descrizioni dei paesaggi ci offrono un buono spaccato di Gerusalemme e zone limitrofe, facendoci quasi sentire con grande realismo gli odori del mercato e le voci delle donne sulle porte delle case. Un bilancio senza dubbio positivo, nonostante ci abbia messo un po’ a concludere la lettura per i motivi detti precedentemente. Un buon esempio di incontro ed interazione tra letteratura e storia quindi, testimonianza che si può raccontare di culture diverse dalla nostra ispirando curiosità e non timore. |
Scatti d'inchiostro...Vorrebbe che sua sorella Rachelika fosse un pò più come lei, meno intelligente, più semplice, che avesse sogni normali, come i suoi, trovarsi un marito, costruire una famiglia, e non sogni grandiosi come scacciare i britannici e costruire uno stato. Ero assetata di conoscere la storia delle donne della mia famiglia, che mi attirava come il fuoco attira una farfalla. Sapevo che rischiavo di scottarmi, di scoprire cose che avrei preferito non sapere, ma da quando nonna aveva scoperchiato il vaso di Pandora, conoscere la verità era vitale. Così è iniziata la storia che gli uomini della famiglia Hermosa desiderano altre donne, invece delle loro mogli... |
La mia valutazione
L'autore
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Sarit Yishai-Levi (1947), giornalista e scrittrice israeliana, proviene da una famiglia sefardita che risiede a Gerusalemme da sette generazioni. Vive a Tel-Aviv dove collabora per svariate testate, la radio e la televisione. Miss Jerusalem è il suo primo romanzo, diventato un grande best-seller nel suo paese con 160 mila copie vendute, tradotto in diversi paesi fra cui gli Stati Uniti, adattato in un film per il cinema.
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"Novecento"
TramaIl Virginian era un piroscafo. Negli anni tra le due guerre faceva la spola tra Europa e America, con il suo carico di miliardari, di emigranti e di gente qualsiasi. Dicono che sul Virginian si esibisse ogni sera un pianista straordinario, dalla tecnica strabiliante, capace di suonare una musica mai sentita prima, meravigliosa. Dicono che la sua storia fosse pazzesca, che fosse nato su quella nave e che da lì non fosse mai sceso. Dicono che nessuno sapesse il perché.
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La mia recensione
Ciao a tutti lettori! Oggi vorrei parlarvi di un libro che il suo autore definisce “in bilico tra una vera messa in scena e un racconto da leggere ad alta voce”: “Novecento” di Alessandro Baricco, nella versione edita da Feltrinelli.
Ci troviamo di fronte a un libriccino modesto per quanto riguarda la corposità di pagine da cui è costituito, tant’è che ho letto questo libro durante le poche ore libere a disposizione nella giornata di oggi. Posso dire però con assoluta certezza che non ho mai letto un libro che in così poche pagine abbia saputo travolgermi così tanto con la forza delle sue parole. “Novecento” è un monologo, i pensieri e le parole che prendono forma tra le pagine del libro, sono quelle di un musicista, collega e amico di Danny Boodman T.D. Lemon Novecento, il pianista del “Virginian”. Era la prima volta che leggevo un monologo e devo ammettere che mi spaventava molto l’idea di ritrovarmi ad affrontare una lettura lenta e pesante. Lo stile di Baricco mi ha fatto ricredere: ironica, scorrevole, leggera, la scrittura di questo autore mi ha conquistata, perché nonostante la semplicità che caratterizza tutta la narrazione, la complessità del messaggio che sottende alla storia, arriva con immediatezza e forza. A volte guardando un film si dice che uno sguardo è talmente intenso da bucare lo schermo: allo stesso modo, le parole dell’autore sono così eleganti e profonde da bucare le pagine del libro ed arrivare direttamente al cuore del lettore, che anche se non credeva di averne bisogno, sente darsi una lezione sulla difficoltà di capire chi si vuole essere, sulla vastità delle cose che compongono il mondo ma anche sulla paura che questa grandezza arrivi a inglobarci ed annullarci. Il personaggio di Novecento è unico e speciale. È un uomo che per il mondo legalmente non esiste. È una leggenda, è un ricordo passato di bocca in bocca. Novecento è la musica sul Virginian. Novecento è il Virginian, dall’inizio alla fine. La sua storia, raccontata da Baricco, è breve, ma immortale, come la musica per cui Novecento diventa famoso. Arrivata a casa questa sera, ho sentito subito il bisogno di parlare di questo libro, di condividere le emozioni che questa storia mi ha dato, ma di fronte alla pagina bianca, mi sono resa conto di essere davvero in difficoltà a recensirlo. Di fronte a un opera così bella, si ha paura che altre parole siano di troppo. Lascio quindi alle parole di Baricco l’onore di invitarvi su quella nave e lasciarvi cullare dalle onde dell’Oceano e dalle note del suo pianista… “ Io ho imparato così. La terra, quella è una nave troppo grande per me. È un viaggio troppo lungo. È una donna troppo bella. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare. Perdonatemi. Ma io non scenderò. “ |
Scatti d'inchiostro..Il mondo, magari non lo aveva visto mai. Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu, sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare. Loro sono 88. Tu sei infinito. Sapeva ascoltare. E sapeva leggere. Non i libri, quelli suon buoni tutti, sapeva leggere la gente. I segni che la gente si porta addosso: posti, rumori, odori, la loro terra, la loro storia… Tutta scritta, addosso. Lui leggeva, e con cura infinita, catalogava, sistemava, ordinava… |
La mia valutazione
L'autore
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Nasce a Torino il 25 gennaio 1958. Si laurea in Filosofia con una tesi in Estetica e studia contemporaneamente al Conservatorio dove si diploma in pianoforte. L’amore per la musica e per la letteratura ispireranno sin dagli inizi la sua attività di saggista e narratore.
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" L'amore è dolce"
TramaSarah è una donna allegra e un po’ pasticciona, con una passione smodata per le scarpe e per i dolcetti. Sogna una carriera brillante come giornalista, ma per far quadrare i conti accetta di curare la rubrica "L’Angolo del cuore" per un giornale locale, proprio mentre in città un pericoloso assassino che aggredisce giovani donne mette in allarme le forze dell’ordine, tutte impegnate nelle indagini. Sarah si troverà coinvolta in prima persona negli eventi: l’assassino sembra averla presa di mira. Tra simpatiche gaffe, indagini fai da te e un incontro che le farà battere il cuore, Sarah si ritroverà faccia a faccia con il pericolo e forse, anche con l’amore.
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La mia recensione
Buon sabato a tutti Apprendisti Librai. Nuova recensione in questo week-end! Oggi vi parlo di un libro davvero gradevole, un romance che però non si fa mancare una buona dose di suspence: “L’amore è dolce” di Valeria Angela Conti.
“L’amore è dolce” non è un libro di grandi pretese, ma con semplicità si propone di raccontare una storia divertente e frizzante, tanto che più volte mi sono ritrovata a sorridere durante la lettura: gaffe e situazioni buffe si susseguono durante i capitoli presentandoci una protagonista femminile che, con la sua genuinità, conquista da subito il cuore del lettore. Viene abbastanza facile identificarsi in Sarah, perché è molto lontana dallo stereotipo della donna sexy e irraggiungibile: la sua goffaggine, il suo amore per lo shopping, ma soprattutto per il cibo, la rendono molto reale, quasi come se fosse l’amica della porta accanto che si conosce da una vita. Sarah, infatti, si presenta fin dai primi capitoli come un personaggio incredibilmente positivo: nonostante soffra come ogni donna le insicurezze per il proprio aspetto fisico e nonostante sia alla continua ricerca dell’amore e di un lavoro, non è un personaggio che si autocommisera o che si piange addosso, ma anzi, con briosa simpatia e autoironia affronta la quotidianità. Schietta, dolce, forte, sbarazzina e spontanea, Sarah è il personaggio che psicologicamente ed emotivamente l’autrice caratterizza maggiormente. Gli altri personaggi vengono presentati un po’ più sommariamente. Questo ai fini di quella che è la seconda anima del libro: alla storia d’amore tra Sarah e Brad si affianca la caccia ad un serial killer che minaccia la pace e la tranquillità del paesino di Bayguard prendendo di mira giovani donne. L’autrice riesce abilmente a mantenere alta l’attenzione del lettore , disseminando indizi e delineando sempre nuove strade possibili che di volta in volta portano sospettabile e insospettabile ad essere considerati come possibili colpevoli dell’aggressione. Un mix davvero interessante quello tra romance e thriller, dove i generi si intrecciano e si influenzano, rendendo il romance un po’ meno zuccherato e alleggerendo un po’ il thriller. La scrittura di Valeria Angela Conti è lineare e scorrevole, il linguaggio è chiaro e intuitivo, elementi che rendono la lettura piacevole e rilassante. Ho apprezzato tanto la descrizione del paesino di Loore, che mi ha evocato l’immagine di un paesino pittoresco e caratteristico. La trama è semplice ma ben costruita, consigliata a chi non si accontenta di una normale storia romantica alla Cenerentola ma che vuole anche divertirsi con un racconto scoppiettante e brioso con un tocco di suspence. Ringrazio la casa editrice Libro Aperto International Publishing per la grande opportunità che mi ha dato di poter leggere questo libro e di poter passare piacevoli momenti in sua compagnia. |
Tracce d'inchiostro...
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La mia valutazione
L'autore
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Valeria Angela Conti nasce nel 1981 a Reggio Calabria, dove completa gli studi classici e si laurea in Giurisprudenza, abilitandosi poi a pieni voti alla professione forense. Ha lavorato un breve tempo presso lo studio legale, fin quando il ruolo di mamma ha preso il sopravvento, lasciandole spazio per dedicarsi alle sue passioni, in particolare la narrativa. L'amore per la scrittura, che covava da tempo e si traduceva in poesie e brevi racconti, è sfociato nelle sue pubblicazioni: "Una crociera sui tacchi" e "Ti presento il mio ex".
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" Quando all'alba saremo vicini"
TramaÈ quasi sera, l’aria è tiepida e le sfavillanti luci della Quarantottesima strada si stanno accendendo una per una. A Kate sembra quasi che stiano indicando il percorso del suo cammino. Non le manca proprio niente per essere di nuovo felice: ama il suo lavoro di musicoterapeuta e, a casa, il suo compagno Dan la sta aspettando per portarla alla grande festa che ha organizzato per festeggiare il loro fidanzamento. Ma anche se non riesce a confessarlo nemmeno a sé stessa, Kate non ha ancora superato il dolore che si nasconde nel suo passato. Perché dodici anni prima l’uomo che amava più di tutti al mondo, Patrick, suo marito, se n’era andato, all’improvviso, proprio prima di confidarle un segreto che avrebbe cambiato per sempre la loro vita. Kate non è mai riuscita a scoprire di cosa si trattasse. Eppure adesso, quando tutto sembra lontano, Patrick inizia ad apparirle in sogno. È insieme a una bambina, e stanno cercando di dirle qualcosa. All’inizio Kate crede sia solo un incubo. Ma quando per caso conosce una bambina identica a quella del sogno, capisce di non potere più ignorare il passato. Perché negli occhi di quella ragazzina si nasconde una rivelazione sconvolgente, un segreto lontano, forse lo stesso che Patrick avrebbe voluto rivelarle anni prima. E che forse adesso può far guardare Kate al futuro con occhi nuovi. Occhi pieni di luce e gioia, come quelli che brillano di fronte a una nuova alba.
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La mia recensione
Buona domenica a tutti Apprendisti Librai. Oggi vi parlerò del nuovo libro di Kristin Harmel “ Quando all’alba saremo vicini”, edito Garzanti.
Consiglio davvero a tutti la lettura di questo libro, che ci presenta non solo una storia ma anche, e soprattutto, un percorso introspettivo a tratti tormentato ma alla fine carico di un forte messaggio di positività. Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, ha desiderato poter vivere due vite parallele. Due versioni della stessa esistenza; due amori, due lavori; due riflessi davanti ad uno stesso specchio; due risposte alla stessa domanda: “E se le cose fossero andate diversamente? Ma se il vero problema non fosse vivere due vite ma piuttosto scegliere quello che si vuole essere davvero? Questo è ciò che accade a Kate Waithman, che a dodici anni dalla morte accidentale del marito Patrick con cui viveva un matrimonio pieno e felice, decide di risposarsi con Dan, l’uomo perfetto. Il destino però, spesso gioca le sue carte in modi inaspettati e non immediatamente comprensibili e la sera stessa della proposta di matrimonio, Kate comincia a sognare quella che sarebbe potuta essere la sua vita se Patrick fosse ancora vivo. Non si tratta però di semplici sogni, perchè alcuni dettagli di questa vita parallela onirica, si rivelano essere elementi che saranno indispensabili alla nostra protagonista per capire cosa lei voglia veramente dalla sua vita reale. La scrittura della Harmel è davvero piacevole, scorrevole e con un giusto equilibrio tra descrizioni, narrazioni e dialoghi. La trama non è particolarmente originale, infatti ricorda molto il libro della Ahern e i suoi personaggi Holly e Gerry, ma la scrittrice riesce a dargli un taglio personale piuttosto interessante. Questo perché aldilà della storia d’amore, sono altri gli elementi che caratterizzano il romanzo: la musicoterapia come aiuto e sostegno per bambini ipoacustici, il tema dell’affido e dell’adozione e le connesse difficoltà delle famiglie ma soprattutto dei bambini in queste situazioni, il tema della famiglia e delle relazioni. La storia è raccontata in prima persona dalla protagonista e questo ci permette di vivere in modo più significativo le paure, i pensieri, le emozioni e il senso di confusione e di incredulità di Kate. Ci troviamo quindi davanti ad un romanzo che è l’incontro perfetto fra “Slidin doors” e “ P.S. I love you” , una storia che a primo impatto giudicheresti estremamente lontana dalla realtà e ben poco veritiera. Andando avanti con la lettura però, ci si rende conto di quanto in realtà il messaggio che cerca di trasmettere l’autore sia attuale. Quanti oggigiorno perdono persone care a causa di una malattia, di un incidente, di un abbandono e quanto queste stesse persone hanno bisogno di conforto per poter andare avanti? Quanti oggi vivono con una sensazione di buio e ingiustizia che pesa su di loro per quello che gli è capitato e non riescono a vedere nel futuro che gli si apre davanti un’opportunità e una luce di speranza? Quando mi ritrovo a leggere libri come questo, capisco come la lettura, che per qualcuno è solo un passatempo, per altri può essere una vera medicina per l’anima. Un libro non va solo letto, a volte va ascoltato, a volte non basta viverne la storia, a volte bisogna intenderne il messaggio… |
Scatti d'inchiostro...Ogni volta che si crea un vuoto si riempie con qualcosa che ti rende diverso da quello che eri prima, cambia il corso della tua vita. Lo sapevo ancora prima di conoscerti.... che ero fatta per essere tua... Non è la vita che avevo programmato, ma in un qualche modo è la vita che dovevo avere. E adesso, finalmente, sono pronta a viverla. |
La mia valutazione
L'autore
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Kristin Harmel è nata a Boston in Florida. Appassionata di scrittura da sempre, dopo la laurea in letteratura è diventata autrice di reportage, collaboratrice di magazine e opinionista di trasmissioni televisive. Con Garzanti ha pubblicato il bestseller internazionale Finché le stelle saranno in cielo.
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" Central Park"
TramaNew York. Otto del mattino. Alice, una giovane poliziotta di Parigi, e Gabriel, pianista jazz americano, si svegliano ammanettati tra loro su una panchina di Central Park. Non si conoscono e non ricordano nulla del loro incontro. La sera prima, Alice era a una festa sugli Champs-Elysées con i suoi amici, mentre Gabriel era in un pub di Dublino a suonare. Impossibile? Eppure... Dopo lo stupore iniziale le domande sono inevitabili: come sono finiti in una situazione simile? Da dove arriva il sangue di cui è macchiata la camicetta di Alice? Perché dalla sua pistola manca un proiettile? Per capire cosa sta succedendo e riannodare i fili delle loro vite, Alice e Gabriel non possono fare altro che agire in coppia. La verità che scopriranno finirà per sconvolgere le loro vite.
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La mia recensione
Buon sabato a tutti Apprendisti Librai! Queste giornate autunnali un po’ piovose e fresche, creano l’atmosfera ideale per nuove affascinanti letture. Oggi vi parlerò dell’ultimo libro di Guillaume Musso, “Central Park” edito Bompiani.
Ormai lo sapete, il genere poliziesco/thriller/ giallo è senza dubbio il mio preferito e a mio avviso “Central Park” è un romanzo eccezionale che si inserisce con successo in questa categoria. L’idea su cui si basa tutto l’intreccio narrativo la considero geniale: immaginate di passare una normale serata con gli amici e di risvegliarvi il giorno dopo ammanettati a un perfetto sconosciuto in un parco dall’altra parte del mondo. Nessun ricordo. Il nulla. Solo il forte desiderio di cercare la verità, di rispondere alle mille domande che cercano di dare un senso a una situazione così surreale. Questo è proprio quello che cercherà di fare Alice, poliziotta investigativa della Crim di Parigi, un personaggio determinato e intraprendente ma che tiene alte le difese contro tutto e tutti e che lascia trasparire poco di sé stessa; la dura corazza che si è costruita altro non è che il frutto di un passato doloroso, che ha profondamente e intimamente cambiato la sua vita e condizionato le sue relazioni. Il percorso di riabilitazione dopo l’accaduto però l’ha resa più forte, più risoluta e decisa. Il personaggio di Gabriel invece rimane più sfuggente, la sua identità è camaleontica e misteriosa e fino alla fine il lettore non sa mai in che modo evolverà questo personaggio. Questo contribuisce certamente a mantenere alta l’attenzione. Lo stile di Musso è coinvolgente e accattivante: nulla è lasciato al caso, comprese le descrizioni di New York che non sono mai eccessive o fuori luogo, i dialoghi sono ben strutturati e ci lasciano intravedere qualcosa di più soprattutto su Alice: proprio dove lei è più dispotica con Gabriel, lì si percepisce la sua sofferenza, la sua profondità psicologica e la sua fragilità emotiva. La narrazione è scorrevole e il ritmo concitato e avvincente: il rovo di intrecci, di rivelazioni, di contraddizioni distrugge costantemente gli schemi e le ipotesi che il lettore si costruisce intorno ai personaggi e agli eventi che li coinvolgono, spingendolo a rimettere sempre in discussione il suo punto di vista. La verità sembra sempre a portata di mano e allo stesso tempo sempre sfuggente e inafferrabile. Il finale a sorpresa inoltre, ben si allinea con il taglio generale di suspance e trepidazione che caratterizza l’intero romanzo. “Central Park” è un romanzo che ti cattura, che ti lascia sveglio fino a tardi, perché non puoi smettere di cercare insieme ai personaggi la verità. Se non siete amanti del Thriller ma permane in voi un po’ di curiosità, Musso vi offre la possibilità di avvicinarvi a questo genere in modo più blando e morbido, lusingandovi, intrigandovi, appassionandovi. Da parte mia, non mi lascerò più sfuggire i prossimi romanzi di questo autore!!!! |
Scatti... d'inchiostro...Alice Schafer aprì gli occhi con difficoltà. la luce del giorno nascente la accecava. La rugiada dell'alba le appiccicava i vestiti. Madida di sudore ghiacciato, batteva i denti. Aveva la gola secca e un forte sapore di cenere in bocca. Le sue articolazioni erano anchilosate. le membra rattrappite, la mente intorpidita. Quando si tirò su si accorse di essere sdraiata su una ruvida panchina di legno grezzo. E, sbalordita, sentì pesarle addosso il corpo di un uomo massiccio e robusto, raggomitolato contro il suo fianco. |
La mia valutazione
L'autore
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Guillaume Musso (Antibes, 4 giugno 1974) è un romanziere francese, professore di scienze
economiche e sociali al Centro Internazionale di Valbonne. Skidamarink (2001) è il suo primo romanzo, con uno stile che mescola enigmi e complotti tra Arturo Pérez-Reverte e Dan Brown. Nel 2004 L’uomo che credeva di non avere più tempo diventa un best-seller tradotto in più di venti lingue e che ha avuto un adattamento cinematografico. Con Central Park si conferma grande scrittore di thriller dal respiro internazionale. |
"La ragazza del treno"
Trama
La vita di Rachel non è di quelle che vorresti spiare. Vive sola, non ha amici, e ogni mattina prende lo stesso treno che la porta dalla periferia di Londra al suo grigio lavoro in città. Quel viaggio sempre uguale è il momento preferito della sua giornata. Seduta accanto al finestrino, può osservare, non vista, le case e le strade che scorrono fuori e, quando il treno si ferma puntualmente a uno stop, può spiare una coppia, un uomo e una donna senza nome che ogni mattina fanno colazione in veranda. Un appuntamento cui Rachel, nella sua solitudine si è affezionata. Li osserva, immagina le loro vite, ha perfino dato loro un nome: per lei sono Jess e Jason, la coppia perfetta dalla vita perfetta. Non come la sua. Ma una mattina Rachel, su quella veranda, vede qualcosa che non dovrebbe vedere. E da quel momento per lei cambia tutto. La rassicurante invenzione di Jess e Jason si sgretola e la sua stessa vita diventerà inestricabilmente legata a quella della coppia. Ma cos'avrà visto davvero Rachel?
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La mia recensioneBuongiorno a tutti Apprendisti librai. Oggi vorrei proporvi la recensione di un libro di cui si è parlato molto e che ha sollevato pareri alquanto discordanti: “La ragazza del treno” di Paula Hawkins.
Sono un’amante dei gialli, senza dubbio è il genere che prediligo, ma devo dire che purtroppo questo libro non ha soddisfatto pienamente le aspettative di cui mi ero caricata prima di iniziarlo. Questa storia, come il treno su cui viaggia Rachel, ci accompagna nella periferia di Londra e il racconto prende colore attraverso il punto di vista di tre donne, le cui vite, apparentemente diverse, arriveranno a intrecciarsi, a confondersi l’una nell’altra e a rivelarsi molto più simili di quello che sembravano. Un triplice sguardo su un comune mistero: mentre il racconto di Anna e Rachel incomincia poche settimane prima dell’evento attorno a cui ruota tutta la narrazione, quello di Megan inizia addirittura un anno prima. Ampio spazio narrativo viene dato alla ragazza del treno, Rachel, che vive la sua vita in modo apatico, trasandato, in balia della propria sofferenza. Un personaggio che, per la sua posizione nel racconto, ricorda vagamente quello di Hitcock in “ La finestra sul cortile”. Attraverso questo personaggio in particolare, l’autrice tratta in modo realistico, a tratti addirittura molto forte e crudo, un tema poco affrontato nella narrativa contemporanea, che è quello della depressione e della dipendenza dall’alcol. Durante la lettura è inevitabile sentirsi solidali e vicini a Rachel nel suo tentativo, più volte fallimentare, di disintossicarsi. Ai problemi con l’alcol, si aggiungono quelli sentimentali, dovuti al recente divorzio fra Rachel e l’ex marito Tom che lei fatica a dimenticare. Sebbene l’intenzione sia quindi quella di presentare al lettore un personaggio molto complesso psicologicamente ed emotivamente, l’atmosfera deprimente che pervade costantemente tutto il libro, dopo un po’ porta la narrazione ad essere pesante. A tutto ciò si aggiunge la caratterizzazione degli altri due personaggi femminili, Anna e Megan: l’una presentata come altezzosa e un po’ sopra le righe; l’altra presentata come l’eterna insoddisfatta, insofferente e sentimentalmente confusa. I personaggi maschili, Tom e Scott, vengono presentati in modo un po’ distorto, in quanto incarnano le peggiori qualità dell’uomo e si propongono come traditori o violenti o possessivi o bugiardi, o addirittura tutte queste caratteristiche insieme. Una visione, a mio avviso, forse un po’ troppo pessimistica. Di per sé, l’idea di base dell’intreccio è molto buona, i capitoli sono snelli e la lettura scorre veloce. Ho apprezzato molto l’aver utilizzato la prospettiva narrativa delle tre donne che ci porta a veder sempre messo in discussione il punto di vista di Anna e Rachel dopo aver letto quello di Megan. Il timbro utilizzato però risulta il medesimo per tutte e tre, come se invece di tre voci ce ne fosse in realtà solo una. Dopo una dinamica narrativa così particolare ci si aspetta un colpo di scena che lasci senza fiato, ma purtroppo ci viene proposto un finale monotono e banale: i personaggi sono così pochi che risulta prevedibile già a metà del racconto individuare la chiave del mistero. “La ragazza del treno” o la si ama o la si odia, non ci sono sfumature tra le due cose. Proprio per questo motivo, nonostante il bilancio della mia recensione non possa che definirsi negativo, consiglio comunque a tutti di dargli un’opportunità: “Colui che segue la folla non andrà mai più lontano della folla. Colui che va da solo sarà più probabile che si troverà in luoghi dove nessuno è mai arrivato” (Albert Einstein). |
Scatti... d'inchiostro...La vita non è un paragrafo e la morte non è una parentesi. …i buchi della vita non si chiudono più. Devi crescere intorno a loro, come le radici che affondano nel cemento, e devi rimodellarti attorno alle crepe. È sepolta sotto una betulla bianca, vicino ai vecchi binari della ferrovia. La tomba è segnalata solo da un mucchietto di pietre, nient’altro. Non volevo attirare l’attenzione sul luogo in cui riposa, ma nemmeno potevo abbandonarla all’oblio. Dormirà in pace, lì: a turbare la sua quiete solo il canto degli uccelli e lo sferragliare dei treni. |
La mia valutazione
L'autore
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Paula Hawkins è nata e cresciuta in Zimbabwe, dove il padre lavorava come economista. Si trasferisce a Londra all'età di diciassette anni, laureandosi successivamente a Oxford. Lavora per quindici anni nel campo del giornalismo, che abbandona per dedicarsi alla scrittura. Nel 2015 pubblica La ragazza del treno negli Stati Uniti, il suo romanzo d'esordio, che in tre settimane vende 500.000 copie.
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"Parigi è sempre una buona idea"
TramaParigi è sempre una buona idea, si sa. Innamorati o no, vale sempre la pena di fare una passeggiata per le vie della Ville Lumiere. Lì, in Rue du Dragon, una deliziosa stradina nel cuore di Saint- German, ci si può imbattere in un piccolo negozio con una vecchia insegna di legno, un campanello d'argento demodè sulla porta e, dentro, mensole straripanti di carta da lettere e bellissime cartoline illustrate: la papeterie di Rosalie Laurant. Talentuosa illlustratrice, Rosalie è famosa per i biglietti d'auguri personalizzati che realizza a mano. Tutto cambia il giorno in cui un anziano signore entra come un ciclone nella papeterie. Si tratta del famoso scrittore per bambini Max Marchais, che le chiede di illustrare il suo nuovo libro. Rosalie accetta felice e ben presto i due diventano amici. La loro storia, "La tigre azzurra" riceve premi e riconoscimenti. Quando poco tempo dopo un affascinante professore americano, attratto dal libro, entra in negozio, Rosalie pensa che sia stato il destino a farle un regalo. Ma prima ancora che lei si possa innamorare, ha un'amara sorpresa: l'uomo è fermamente convinto che la storia de " La Tigre azzurra" sia sua...
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La mia recensione
Buongiorno a tutti Apprendisti librai! Eccoci qui sul mio nuovo blog ma soprattutto ecco la mia prima recensione!
Il libro di cui voglio parlarvi oggi è un romanzo che ho letto davvero piacevolmente, ossia “ Parigi è sempre una buona idea”. Non mi era mai capitato di leggere scritti di questo autore ma devo dire che per me è stata una bella rivelazione! Questo libro mi ha catturata con la sua delicatezza e semplicità, racconta di una storia d’amore e lo fa in modo leggero ma anche ironico. È indubbiamente un libro per noi donne, che a volte amiamo sognare ed essere coccolate. E’ una di quelle letture che scorrono veloci, senza mai annoiare, divertendo e facendo crescere, pagina dopo pagina, la curiosità sui personaggi e su quello che sarà della loro storia. Non è un libro di grandi pretese quindi, ma con eleganza ci accompagna tra le vie di Parigi: attraverso le descrizioni dell’autore è come se potessimo sentire veramente il profumo delle boulangerie, come se potessimo passeggiare nei Jardin de Bagatelle e sederci all’ombra di un albero, come se potessimo salire sulla Tour Eiffel e lanciare il biglietto con il nostro desiderio proprio come Rosalie. A capitoli alterni la storia viene raccontata dai tre diversi personaggi, permettendoci così di conoscerli meglio, di entrare nelle loro vite e sentirli reali. I personaggi non sono caratterizzati in modo particolarmente complesso, ma al lettore risultano fin da subito simpatici: Rosalie, la protagonista femminile, è un personaggio solare, dolce, romantico, idealista, altruista, forte e fragile al contempo; Robert, il coprotagonista, è un uomo alla ricerca di se stesso, che lascia tutte le sue certezze di New York per rincorrere un sogno dall’altra parte dell’Oceano, è un personaggio determinato, divertente, spontaneo, genuino; Max, l’anziano scrittore di favole per bambini, è l’inconsapevole collante fra Rosalie e Robert , un vecchietto nostalgico ma anche romantico, che crede nell’amore, anzi, nelle varie forme dell’amore, è un personaggio riservato, a volte un po’ burbero ma che saprà conquistare l’affetto di Rosalie e il nostro. Ho apprezzato l’atmosfera ironica che pervade un po’ tutto il romanzo, forse proprio per ricordarci di credere un po’ di più nella casualità, ma anche nella speranza, nel famoso portone che si apre dopo aver chiuso una porta. Se avete voglia di una lettura non troppo impegnativa ma ugualmente piacevole vi consiglio senz’altro questo libro! |
L'aria era tiepida, si avvicinava la primavera. E a volte la primavera manteneva le promesse di cui l'inverno era debitore... "Si dice", iniziò lo scrittore, "che qualunque vicenda della vita, per quanto irrilevante, racchiuda in se ogni cosa, quello che ci siamo lasciati alle spalle e quello che abbiamo ancora davanti. Perciò se mi chiedete cos'è successo, vi rispondo: tutto, e niente". Rosalie era un'accanita sostenitrice dei rituali. I rituali davano una forma alla vita, aiutavano a creare un ordine nel caos e a mantenere una visione d'insieme. Il primo caffè alla mattina. Il croissant della boulangerie. La passeggiata quotidiana con William Morris. Il bicchiere rosso dopo la chiusura. Il mazzo di nontiscordardimè sulla tomba del padre ad aprile. |
La mia valutazione
L'autore
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Nicolas Barreau è nato a Parigi nel 1980 da madre tedesca e padre francese, motivo per cui è perfettamente bilingue. Ha studiato lingue alla Sorbonne, poi ha lavorato in una piccola libreria sulla Rive gauche. Ha scritto sei romanzi tra cui "Gli ingredienti segreti dell'amore", uscito nel 2011 e "Parigi è sempre una buona idea" uscito nel 2015;
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